Nel 2018 una delle tendenze di moda è riscoprire i “vecchi” stili reinterpretandoli in chiave moderna od amalgamandoli in uno stile più contemporaneo. Per un lavoro di ristrutturazione di un albergo ho proposto la rivisitazione dello stile liberty, uno stile che personalmente amo molto e che, per le caratteristiche del hotel, ben si sposava.
In questo articolo ho pensato di raccontarvi alcune cose dello stile liberty, anche detto Art Nouveau, che lasciò un’impronta importante in molte città Europee e che fu il tramite tra il passato e l’era moderna.
Il periodo storico in cui si inserisce l’Art Nouveau coincide con quella che viene ricordata come la “Belle Epoque” che abbraccia gli anni tra la fine dell’ottocento e l’inizio della prima guerra mondiale, in un’atmosfera caratterizzata dalla “joie de vivre”, dall’ottimismo e da uno sviluppo economico caratterizzato da grandi scoperte.
Fu un lungo periodo di pace che permise una straordinaria fioritura culturale. Nelle vie, illuminate dalle prime lampadine, si vedevano passare le prime automobili, l’immagine romantica e di positivismo dilagava.
In Italia lo “stile liberty”, il cui nome deriva dai magazzini fondati a Londra da “Sir Arthur Lasenby Liberty” che vendeva prodotti provenienti dall’oriente a cui lo stile si ispirava.
Lo stile liberty, detto anche floreale, prese ispirazione dalla natura e dalle forme vegetali creando uno stile nuovo, totalmente diverso rispetto a quelli in voga, dando vita così ad opere di inconfondibile bellezza. Linee flessuose, forme curvilinee, sinuose, elementi decorativi come foglie elaborate, fiori di ogni tipologia e colore, libellule, pavoni, uccellini, nonostante ciò lo stile utilizza i materiali tipici della produzione industriale come il ferro, il cemento. Altri materiali che lo caratterizzano sono la ceramica straordinariamente dipinta, il mosaico impreziosito, il vetro multicolore, la carta da parati floreale.
Questo movimento “artistico – filosofico” che nasce in francia si sviluppa prendendo nomi diversi in tutt’Europa, come già espresso; in Francia prese il nome di Art Nouveau, in Austria di Seccession Art, in Germania di Jugendstill, in Inghilterra di Modern style, in Spagna di Modernismo.
Il liberty coinvolse tutte le arti, non solo la pittura e l’architettura, soprattutto l’artigianato: dai mobili ai complementi d’arredo, alla gioielleria, fino ai tessuti.
Numerose sono le personalità che vissero e si espressero in quel periodo: Klimt, Munch per la pittura, Gaudì e Mackintosh in architettura, Tiffany, con i suoi mosaici in vetro legati a stagno, Mucha, autore di numerosissimi manifesti.
In Italia i migliori esempi di liberty sono i ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli, che utilizzava i motivi floreali e animali per realizzare ringhiere e lampade. A Raimondo D’Aronco si devono i disegni per i padiglioni dell’Esposizione Universale di Torino del 1902. Fra le costruzioni degli altri architetti, ricordiamo la “Casa Castiglioni” a Milano, di Giuseppe Sommaruga, che è considerata la realizzazione che meglio esprime il Liberty italiano. Ernesto Basile che, con la Manifattura Ducrot, mette in opera gli arredi destinati al Grand Hotel Villa Igea di Palermo.
In italia la diffusione del nuovo stile avvenne più tardi a causa delle condizioni sociali, economiche e culturali dovute anche al ritardo con cui si sviluppò la rivoluzione industriale.
Ora ci addentreremo a conoscere alcune figure simbolo del Liberty che sono diventate icone dell’architettura e del design.
CHARLES RENNIE MACKINTOSH
Mackintosh, nato a Glasgow nel 1868, ha rivelato il suo talento artistico in tenera età e quando aveva 16 anni si è iscritto come studente serale alla Glasgow School of Art. Lì incontrò altri studenti ed insieme lavorarono ad idee progettuali che evolsero in nuove forme di design decorativo che si cristallizzarono nel 1890 con le caratteristiche riconoscibili dello stile liberty. In collaborazione con Herbert MacNair e alle sorelle Macdonald, una dei quali, Margaret Macdonald, divenne sua moglie nel 1900, Mackintosh raggiunse una reputazione internazionale nel 1890 come designer di arredi e manifesti non ortodossi. In contrasto con la moda contemporanea, il suo lavoro era leggero, elegante e originale, come esplicato da quattro notevoli sale da tè progettate a Glasgow (1896-1904) e altri interni domestici dei primi anni del 1900.
Suoi anche i disegni per la nuova Scuola d’Arte di Glasgow (1896-1909) per cui è considerato, con la sua estetica razionalista ma poetica, il primo esempio originale di architettura Art Nouveau in Gran Bretagna. Nello stesso periodo ricevette la sua prima commissione da Miss Catherine Cranston, la cui serie di eleganti sale da tè diventò un fenomeno sociale a Glasgow all’inizio del secolo, grazie a Mackintosh e ai suoi interni brillanti.
Le centinaia di sedie che ha realizzato per le sale da tè di Cranston costituiscono il corpo del lavoro di Mackintosh nell’area dell’arredo, ma molti sono anche mobili: armadi, cassettoni, ecc.
Mackintosh non ha mai permesso che le qualità organiche dell’Art Nouveau dominassero i suoi mobili che sono semplici, sobri e generalmente subordinati alle esigenze funzionali.
I mobili di Mackintosh si dividono in due tipologie: una serie di mobili dallo stile lineare ed elegante, smaltati di bianco e spesso intarsiati con rose e madreperla o motivi stilizzati di foglie e fiori, ed un’altra in stile più pesante, realizzati in legno scuro scolpito e raramente decorati .
Continuò a considerare i mobili come parte della struttura generale della stanza in modo che alcuni dei suoi pezzi, quando visti fuori contesto, sembrassero stranamente sproporzionati.
ll lavoro dell’architetto per lui era quello di rendere un ambiente l’opera d’arte totale, un contrasto di luci e di ombre, un ambiente armonico dove nulla era lasciato al caso.
Nelle sue case private, Windy Hill (1900-01) e Hill House (1902-06), si delinea il principio di Gesamtkunstwerk (trad.: opera d’arte totale) perché progettò tutto: seguì aspetti tecnici e strutturali degli edifici fino ai minimi dettagli decorativi, come i motivi delle carte da parati, i ricami delle poltrone o i lampadari.
Mackintosh era un perfezionista, curava ogni dettaglio e la sua idea dell’ambiente architettonico come opera d’arte totale implicava l’intromissione del progettista in ogni scelta, fatto che richiedeva una totale sintonia con il cliente.
Pochi designers possono affermare di avere creato uno stile unico, individuale e così immediatamente riconoscibile ed ancora molto attuale e moderno.
LIBERTY A PALERMO
Per raccontare il liberty in Italia, vi riporto una frase dello scrittore Leonardo Sciascia “Palermo è una città essenzialmente liberty, quasi una capitale dell’Art Nouveau”. Palermo, che proprio quest’anno è stata eletta capitale della cultura, è una città ricca di storia e di tradizioni, i suoi monumenti, in stile arabo, normanno e barocco, sono i più visitati, ma l’anima liberty è di notevole caratura.
All’inizio del 900 la città vede, con l’architetto Ernesto Basile, il fiorire dello stile liberty più elegante a partire dalla Villa Igiea, oggi un albergo a 5 stelle, con il suo salone affrescato con fanciulle, fiori di iris, papaveri e melograni.
La borghesia imprenditoriale, che in quegli anni stava sempre più acquistando potere e prestigio, chiese a Basile di realizzare molte ville, in particolar modo pretese che fossero degne dei migliori edifici liberty e Art Nouveau europei. Tra le più belle ricordiamo villa Paternò , villa Igiea, villino Florio, villino Fassini, villa Ida, villino Favaloro, ecc. Gli interventi architettonici di Basile non si limitarono alla residenza, si cimentò anche in edifici di carattere pubblico, grandi come il Teatro Massimo e piccoli come i chioschi, piccoli gioielli che, insieme ai villini, conferiscono alla città di Palermo una decisa aria Liberty.
Membrature curvilinee, che formano ghirigori floreali, esaltano naturalmente sia le forme sinuose del mondo vegetale tipiche dell’Art Nouveau, sia la muratura completata da elementi metallici in ferro battuto o da ricercati accostamenti di colore e decori fantasiosi delle maioliche.
L’architetto Basile disegnò per la prestigiosa ditta Ducrot, produttrice di mobili liberty tra i più belli d’Europa, nonché gli arredi di Montecitorio e delle grandi navi da crociera della famosa e potente famiglia Florio.
Tante sono le opere in stile Art Nouveau a Mondello, famosa zona balneare di Palermo; oltre allo stabilimento balneare Charleston in cemento armato, unico tra quelli europei dell’epoca, furono costruiti 300 villini in sei anni, tra cui i più famosi sono il Villino Tasca, il Villino d’Almerita, il Villino Sofia, il Villino Barresi e il Villino Lentini.
In una delle costruzioni di Ernesto Basile, sopra un imponente portone, campeggia il motto “Dispar et Unum” (Diverso e Unico), che mi piace pensare come ad un inno allo stile Liberty da egli tanto amato.
ANTONI GAUDI’
Gaudì divenne a fine ‘800 la figura più rappresentativa del movimento del modernismo spagnolo catalano. Egli riesce, infatti, a trasformare in un fatto concreto le istanze più profonde dell’Art Nouveau.
Nel 1900 espresse il suo stile curvilineo e inimitabile nell’ambizioso progetto del Parc Guell a Barcellona, finanziato dall’industriale Eusebi Guell, che divenne suo fedele sostenitore. Le forme naturali sinuose e l’uso di frammenti ceramici di dimensione irregolare divennero l’inconfondibile marchio dello stile complesso e giocoso di Gaudì.
Egli rifiuta il cemento, privilegiando i mattoni per le sue costruzioni, così come i materiali grezzi e poco pregiati, e riproponendo le tradizioni dell’artigianato della sua terra come ceramica e ferro battuto.
Il suo ispirarsi alla natura non si limita al campo decorativo, ma è una costante anche nel campo strutturale.
L’architetto non lavorava alla tavola da disegno, i suoi progetti sono più che altro schizzi, sembrano composizioni impressionistiche, non disegni tecnici.
Gaudì, fu un fervente seguace della tesi, mutuata dal concetto liberty, che ogni opera fosse una creatura vivente e che, per questo, dovesse sottostare alle leggi della natura. La natura non andava dunque copiata, ma capita e reinterpretata.
Possiamo comprendere al meglio questo concetto analizzando la bellissima casa Batllò a Barcellona, una sorta di splendido animale preistorico dalla cresta scagliosa del tetto, cinta da una verde corona di perle ceramiche, la facciata, di uno sfavillante colore acqueo realizzata con pezzetti di ceramica frantumata, presenta una policromia ricca di sfumature e giochi di luce, e, ad intervallare la sequenza delle cornici delle finestre, gigantesche ossa denudate dal sole.
Nel lavoro di Gaudì viene distrutto il concetto di esterno-interno, la parete infatti si trasforma sia all’interno che all’esterno, come una pelle sensibile, che si increspa al minimo contatto per seguirne il movimento della struttura ed accompagnarlo. L’organismo architettonico: pareti, soffitto, mobili, maniglie, ecc., tutto viene curato in ogni minimo particolare e visto come un elemento da plasmare, da far vivere come organismo autonomo, ma anche come parte insostituibile del tutto.
Chiamata affettuosamente “Casa dels ossos” (casa delle ossa), il primo piano viene adibito a residenza della famiglia Batlló, mentre i piani superiori, fino alla terrazza, ospitano appartamenti in affitto.
Nella casa, che non presenta spigoli tra tutte le pareti interne ed esterne, ogni piccola area mostra qualcosa di sorprendente.
Il ferro forgiato, che non ha solo un valore estetico perché partecipa pienamente alla tenuta strutturale della casa, abbonda nella realizzazione dei balconi e nella splendida scala con il corrimano in legno che richiama la spina dorsale di un enorme animale; magnifiche sono le porte in legno, i cristalli da cui filtra la luce naturale e le ceramiche con rilievi decorati a mano.
Il Cavedio, cioè la parte interna del palazzo, rappresenta un vero e proprio “pozzo di luce”. Esisteva già nel palazzo originario, ma Gaudì lo fece allargare e rivestire completamente di piastrelle in vari toni di blu, chiari in basso e scuri in alto, in modo da uniformare la distribuzione della luce. Anche le finestre seguono questo principio: più piccole in alto (perché arriva più luce) e più grandi via via che si scende in basso. L’effetto che si ottiene affacciandosi nel “pozzo di luce” è paragonabile, per bellezza e stupore, a quello della vetrata del Salone Nobile
La grande tribuna del salone principale del piano nobile, che si affaccia sul Passeig de Gràcia, è suddivisa in tre parti ed è composta da finestre di legno che vengono alzate e abbassate mediante contrappesi e la loro particolarità sta nel fatto che non ci sono né stipiti, né montanti, pertanto ciò rende possibile l’apertura simultanea di tutte le vetrate per una visione panoramica che copre l’intera larghezza del salone.
Gaudì, conosciuto anche come l’architetto di Dio, è un genio dell’architettura capace di cambiare letteralmente faccia a una città.
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MUCHA
La personalità più interessante che riuscì a raggiungere la maggior fama internazionale e che contribuì ad esprimere con raffinatezza le istanze dell’art Art Nouveau fu il ceco Alphonse Mucha.
Alfons Mucha è considerato il pioniere di un linguaggio comunicativo, di un’arte visiva così potente e versatile da potersi applicare a molteplici contesti come poster, pubblicità, illustrazioni, e i prodotti che utilizzano il suo stile sono confezioni di biscotti, champagne, tavolette di cioccolato, biciclette.
La cifra stilistica di Mucha è ancora oggi riconoscibile nelle sue figure femminili, simbolo di bellezza e giovinezza, che appaiono a Parigi proprio allo scadere del 1800 e seducono immediatamente un vasto pubblico. Mucha aveva una reale passione ed ammirazione per la figura della donna elevata a simbolo indiscusso della Belle Epoque, tanto da farne la sua musa ispiratrice in quasi tutte le sue opere, con ritratti sempre molto rispettosi e appassionati del corpo e del volto femminile, senza mai essere volgare, anche nei pochi nudi presenti nei suoi ritratti. Memorabili i manifesti realizzati tra il 1895 e il 1904 per promuovere gli spettacoli teatrali con protagonista Sarah Bernhardt con la quale ebbe una lunga collaborazione.
La nuova arte rivoluzionava tutto: dall’architettura alla pittura, passando per l’arredamento e il design, e collocarsi nella grafica pubblicitaria conferendo a questo settore l’innovazione definitiva che ci ha condotto fino al ventunesimo secolo e all’attuale utilizzo.
Mucha, Henri de Toulouse-Lautrec, Pierre Bonnard contribuirono alla nascita del “manifesto moderno”, mezzo di informazione, di comunicazione culturale o di propaganda pubblicitaria, che permetteva di trasmettere messaggi immediati e sintetici, così da poter essere recepiti dal viavai frenetico di persone lungo le strade della città. L’artista ceco, oltre ai manifesti teatrali, fu celebre per pannelli decorativi, cartelloni pubblicitari, copertine per riviste, calendari, illustrazioni librarie e molto altro, utilizzando spesso e volentieri anche lui l’arte della litografia. Scelse di utilizzare formati più grandi che facevano spiccare i manifesti sui muri quasi fossero opere d’arte e si iniziò ad utilizzare il colore per attirare maggiormente lo sguardo, attribuendo caratteristiche innovative alla composizione.Ma lo “stile Mucha”, unico e riconoscibile, si è dimostrato adatto per essere applicato ad una grande varietà di contesti: decorazione d’interni, produzioni teatrali, design di gioielli e opere architettoniche.
“L’arte esiste solo per comunicare un messaggio spirituale.” (A. Mucha)